venerdì 26 giugno 2015

UN CAFFE' CON L' AUTORE 2# - MICHELA BELLI

Ben ritrovati nel mio salottino virtuale, oggi il nostro caffè è sorseggiato in compagnia di Michela Belli autrice di Eva e l' assoluto. "Eva e l' assoluto è un romanzo afferente al genere chick-lit, una lettura frizzante, genuina e a tratti ironica. Se vi va di leggere la mia recensione cliccate qui.

Vi consiglio di mettervi comodi, Michela attraverso la sue piacevoli risposte ci ha dato l' opportunità di conoscerla meglio, l' intervista è un pò lunga ma non mollate ne vale veramente la pena!!!! Ops...dimenticavo se volete saperne di più vi invito a visitare il suo blog www.michelabelli.com. Buona lettura!!!!



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1- Ciao Michela, grazie per aver dedicato un pò del tuo tempo alla mia breve intervista e benvenuta su Incanto dei Libri. Da buon napoletana e padrona di casa non posso non offrirti un caffè virtuale e la domanda che voglio porti infatti è, quanto la tua napoletanità abbia inciso nella stesura del tuo libro?


Ciao Rosa, un caffè non lo rifiuto mai e come potrei? Un caffè per noi napoletani è un modo di dire, un modo per invitare qualcuno ad entrare nella nostra vita anche solo per un minuto, il tempo di un caffè, appunto. Noi napoletani, a mio modesto parere, viviamo tutti, una sorta di maledizione poetica, anche al centro di Times Square, nel bel mezzo del calderone dell' umanità del pianeta terra, resteremmo comunque, sempre, napoletani in mezzo all' umanità. E' qualcosa di imprescindibile da noi stessi. Siamo tutti un pò catulliani, perché diciamocelo, Napoli per ognuno di noi è odi et amo, ma sia ben chiaro quell' ODI solo noi possiamo esternarlo. Napoli, croce e delizia, nobilissima e miserabile è in ogni parte di me. Nelle mie parole, nei miei gesti, nei miei occhi. Io ho vissuto a Napoli fino ai trent' anni quasi, quando mi sono trasferita in Toscana, mi ha molto colpita la "comunità" campana della città in cui vivo. Mi sembrava di essere stata catapultata in un sobborgo americano, dove i figli degli italiani si dichiarano italiani salvo poi, non aver mai lasciato gli Stati Uniti D' America. Personalmente, ho una carovana di cugini che vivono questo status sociale. Dicono di essere italiani e poi sanno solo dire pizza, spaghetti e ciao e improvvisano frasi spagnoleggianti che tanto per loro è la stessa lingua. Ma dico, scherziamo? Ecco, analogamente, i campani fuori sede, sono tutti napoletani. Capita di vedere ragazzi adolescenti che parlano napoletano con i genitori e in un secondo gli parte lo switch linguistico e ti offrono un 'haffeino. E' affascinante, davvero. Per la stesura del romanzo, mi sono sen' altro concentrata sul dualismo napoletano - maremmano (che non è toscano, ma maremmano e qui si apre tutta un' altra storia che se vorrete vi racconterò in altra occasione) la mia napoletanità invece, come ti ho accennato, è un dato intrinseco, una caratteristica. Sono medio bassa, medio magra, riccia e napoletana, per dire.


2- Come è nata la passione per la scrittura? E quando hai capito che era il momento giusto per scrivere un romanzo?


Allora rettifico un attimo. Sono medio bassa, medio magra, riccia, napoletana e scrivo. Alle elementari dietro ogni tema in classe, scrivevo una poesia. Il mio rapporto con la scrittura è nato attraverso la poesia. Fondamentalmente, perché sono una piccola ribelle e la poesia, mi concedeva libertà sintattiche che la prosa, non mi dava. Crescendo ho capito due cose fondamentali. La libertà è una condizione mentale e non avevo capito come usare il verso. Mi spiego meglio, io scrivevo in prosa e ogni tanto andavo a capo. Il romanzo è arrivato dopo qualche goffo tentativo di racconti brevi, roba intrisa di un' introspezione che voleva emulare la Woolf e il modernismo  invece, era superficiale e approssimativo. Quando ho capito che scrivere per me era una cosa seria, ho capito che dovevo scrivere un romanzo e ho lasciato la poesia. Non proprio lasciato, qualche poesia la scrivo ancora, ora oltre ad andare a capo, aggiungo qualche segno grafico che fa molto figo, ma sono ancora molto approssimativa. Amo la poesia, ma non credo di saperla scrivere. Non che io creda di saper scrivere bene in prosa, solo credo, anzi sono certa, di essere più a mio agio con la prosa, perché ho l' opportunità di dare il meglio sulle lunghe distanze.


3- Eva e l' assoluto, Eva e la continua ricerca dell' assoluto, cosa hai voluto trasmettere ai tuoi lettori e cosa intendi tu per "assoluto"?


In realtà quando ho iniziato a scrivere questa storia, ero solo incuriosita da alcuni fattori: la vita di una giovane da poco laureata che torna nella sua città e fà i conti con il mondo del lavoro, il conflitto interiore di una ragazza che si sente costantemente come un pesce fuor d' acqua e, la preoccupante tendenza, che tutti noi abbiamo in alcuni momenti della nostra vita, a non ascoltare la nostra coscienza. Sono di natura combattiva, questo mi spinge spesso agli estremi. Ho dovuto imparare, come ogni essere umano, che esistono i compromessi e che anzi, spesso sono questi a salvarti la vita. Immagino che Eva invece, sia ancora in quella fase della vita in cui si crede che la felicità e la realizzazione personale siano un' unica sinfonia completa, dove non esiste posto, per elementi discordanti come appunto, i compromessi, le sfumature e soprattutto le rinunce. Il mio concetto di assoluto è abbastanza mutevole. Posso però dirti che il nucleo del mio assoluto è dichiarato nella dedica del mio romanzo: Virginia, mia figlia. Questo non solo per il banale e pure fondamentale motivo che lei è mia figlia, ma anche, perché lei mi sta insegnando la vita dall' abc di nuovo. Diventare madre è come morire e rinascere in un solo magico evento. La totale mancanza di filtri del suo cervello, la sua insaziabile sete di conoscenza, il suo disarmante amore per l' umanità, tutto questo, sono un costante memorandum di ciò che conta davvero nella vita umana. Amare, conoscere e crescere. Ecco, questo è il mio assoluto.


4- Come ho scritto nella recensione, i personaggi sembrano reali, quasi come se li conoscessimo da sempre e questo grazie al tuo stile diretto e conciso. E' stata una scelta voluta quella di arrivare dritta al lettore?


Come ti accennavo nella domanda numero due, il mio rapporto con la scrittura dura da tutta una vita. Vengo da un percorso di studi umanistici, questo, ha senz' altro influenzato la mia idea di scrittura. Mia figlia porta il nome della mia scrittrice preferita: Virginia Woolf. Questo, credo renda l' idea, di quale tipo di scrittura abbia influenzato la mia formazione. Dal modernismo del '900 però, la società e quindi la scrittura, sono profondamente cambiati. Sono dell' idea che la scrittura sia sempre sintomatica dei propri tempi. Viviamo nella società dei 140 caratteri di Twitter, dei telefilm americani con i dialoghi più brillanti di sempre e del sarcasmo come unica religione di vita, credo che il mio stile si sia evoluto in questa direzione perché semplicemente, la mia vita è andata al passo con i tempi. A questo poi aggiungi che non sono Virginia Woolf e capirai perché nel mio caso tagliare, tagliare e tagliare ancora, sia la scelta più giusta. 


5- Programmi per il futuro? Dopo "Eva e l' assoluto" cosa bolle in pentola?


In questo momento sto lavorando alla stesura del mio secondo romanzo, si intitolerà "Ne vale la pena" e alla promozione di "Eva e l' assoluto". Quando il lavoro e mia figlia me lo concedono poi, mi dedico al mio blog www.michelabelli.com dove senza un reale motivo, dico tutto quello che penso. Trovo sia catartico.

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